C’era una volta, mille e rimille anni fa, una piccola tigre bianca di nome Tigli.
Tigli era l’ultima di cinque figli e i suoi fratelli erano quattro splendidi esemplari di tigre bianca siberiana dai denti a sciabola, dalle proporzioni perfette, con il pelo lucido e scintillante e lo sguardo fiero della propria forza e abilità.
Anche Tigli non era infondo da meno, ma avevo un piccolo difetto: i suoi denti non crescevano e anche se lei in cuor suo era contenta di non avere quelle lunghe e affilate zanne bianche, che – lei sapeva – avrebbero finito per spaventare tutti gli altri cuccioli, gli animali più grandi la prendevano in giro per quei dentini piccoli e tondi che le comparivano in bocca ogni volta che provava a dire qualcosa.
Tigli aveva chiesto più volte ai suoi genitori se, nonostante quei dentini, anche lei fosse una vera tigre; se anche lei sarebbe diventata grande e forte come i suoi fratelli, capace di cacciare e di difendersi da sola e di meritarsi il rispetto degli altri animali, ma mamma e papà tigre erano troppo occupati a correre dietro ai loro quattro figli maschi, sempre pronti a cacciarsi in qualche guaio, per darle una risposta e non si accorgevano che la piccola Tigli diventava sempre più triste: si vergognava di essere diversa e così continuava a nascondersi da tutti, cercando nel frattempo un modo per risolvere il suo problema.
All’inizio Tigli aveva provato a spiegare agli altri che non era l’aspetto quello che contava, che se avessero provato a conoscerla lei si sarebbe rivelata una buona amica, generosa e disponibile, capace di accogliere anche quelli non perfetti come lei, ma nessuno le si avvicinava veramente e tutti si limitavano a deriderla e a guardarla con un po’ di diffidenza. “Cosa ti è successo?” le dicevano “te li sei forse ingoiati i tuoi denti?”, “o forse non sei veramente una tigre, ma un gattino cresciuto troppo?”, “Ma allora, tu, di chi sei figlia?”.
Lei passava i suoi pomeriggi a piangere e a farsi tante domande, alle quali però non trovava una risposta. “Forse, veramente non sono come loro”, “Forse, veramente non ho una mamma e un papà”, “Forse, un giorno anche loro si stuferanno di me e mi riporteranno in quella caverna buia e fredda dove mi hanno trovato”. Finché, un giorno, dopo tanto pensare, Tigli capì che per non rimanere sola l’unica cosa da fare era diventare uguale ai suoi fratelli…si, ma come?? Pensò e ripensò e alla fine capì; cercò due grandi pietre bianche e decise di costruirsi due lunghe zanne che legò abilmente ai suoi dentini.
Certo, Tigli sapeva che due zanne non sarebbero bastate da sole a risolvere il problema. Per convincere tutti di essere una vera tigre siberiana anche lei avrebbe dovuto mostrare quella stessa forza dei suoi fratelli che tanto faceva paura. Così, passò intere giornate a provare a ruggire come loro, ad affilare le unghie come loro, a fare lunghi e veloci balzi in avanti per predare i più deboli e alla fine fu pronta per mostrare a tutti la nuova Tigli.
Anzi, tanto provò e riprovò che finì per credere anche lei che in fondo un po’ di quella cattiveria e di quella aggressività era realmente dentro di lei e non avrebbe dovuto sforzarsi poi molto per convincere gli altri.
Cominciò proprio dai suoi fratelli. Una mattina, all’ora in cui loro solitamente partivano per la caccia, si presentò davanti all’ingresso della loro tana e, con voce sicura, disse: “Portatemi con voi. Anche io oggi voglio venire a cacciare e spaventare quei piagnucolosi cuccioli che non fanno altro che passare le loro giornate giocherellando tra di loro”. Una vocina dentro di lei, in realtà, le diceva che sarebbe stato bello poter giocare tutto il giorno in compagnia, ridere e divertirsi spensieratamente, ma disse quella frase in maniera così decisa che ormai era troppo tardi per tonare indietro. I suoi quattro fratelli la guardarono stupiti e, dopo aver accennato un sorriso beffardo, questa volta decisero di prendere Tigli sul serio e di metterla alla prova.
Partirono tutti e cinque per la battuta di caccia…Tigli nel mezzo, controllata a vista dai suoi fratelli per evitare che rovinasse la loro spedizione, spaventando le prede. Ma lei fu bravissima…aveva provato tante e tante volte da sola e alla fine era veramente pronta! Fu una giornata da ricordare…ma l’emozione di fare finalmente parte di un branco, di essere guardata da tutti con rispetto, si mischiava però al dispiacere di aver visto negli occhi dei cuccioli cacciati la paura, di averla guardata come un nemico, il peggiore dei nemici!
Tornarono a casa e la serata passò tra i racconti delle sue gesta…”avreste dovuto vederla…una vera tigre siberiana, veloce, furba, capace!” dicevano i suoi fratelli a mamma e papà tigre. “Tigli, se ce l’avessi detto prima! Ma cosa hai fatto fino ad oggi?”. Tigli avrebbe voluto rispondere che lei non si era divertita affatto, che nel cuore aveva una grande tristezza, perché quei cuccioli lei avrebbe voluto averli come amici e come compagni di gioco invece di spaventarli a morte!. Ma lo sguardo orgoglioso che per la prima volta vedeva negli occhi dei suoi genitori le impedì di parlare. Niente la faceva sentire meglio che l’essere parte di una vera famiglia e per nulla al mondo ci avrebbe rinunciato. In fondo era una tigre anche lei – si diceva – ed era giusto che si comportasse come tale! E poi anche quei cuccioli prima o poi sarebbero cresciuti, avrebbero preso le loro strade, l’avrebbero lasciata sola. Ma la sua famiglia no, quella ci sarebbe stata per sempre.
Passarono i giorni, gli anni anni in cui la banda di Tigli e i suoi fratelli continuò a spaventare tutti gli animali della regione. Nessuno si avvicinava a Tigli, tutti la guardavano da lontano, con timore, perché sapevano che in qualsiasi momento avrebbe potuto aggredirli. Tigli cresceva e cresceva da sola….
Nessun amico con cui parlare, nessuno con cui fare tutto quello che avrebbe tanto voluto…giocare a nascondino, saltellare di qua e di là senza una meta, mangiucchiare tutto il giorno i frutti della foresta e ridere, ridere tanto, fino a farsi mancare il fiato.
Poi un giorno tutto cambiò. Mentre Tigli era in giro con i suoi fratelli per una delle loro solite scorribande vide spuntare una lunga coda da dietro una roccia. Si appostò e si preparò a spiccare un lungo salto, come nelle migliori tecniche di caccia, ma ancor prima di fare un passo sentì una voce timida e sincera dire “vuoi giocare con me?” “oggi tutti i miei amici sono andati via, perché si dice che giri un branco di tigri siberiane molto pericolose e così sono rimasto solo”.
Tigli sapeva che avrebbe dovuto approfittare di quell’invito per cacciare, spaventare, ma fu più forte di lei…era curiosa di vedere chi si nascondeva dietro quella roccia, ma soprattutto per una volta voleva sapere cosa si provava ad avere un amico. Così senza pensarci due volte disse “anche io mi sto nascondendo da quel branco di tigri..se vuoi possiamo trovare un rifugio dove nasconderci e giocare insieme”. Ma, tanta era la voglia di conoscere il suo primo amico che Tigli si dimenticò di levarsi le zanne affilate che avrebbero finito ancora una volta per spaventare il timido sconosciuto, facendolo scappare a gambe levate.
Dalla roccia spuntò fuori un giovane dinosauro che, non appena si trovò di fronte al perfetto esemplare di tigre siberiana, sgranò gli occhi e fece un balzo indietro. Solo allora Tigli si ricordò delle sue zanne, ma sapeva che ormai era troppo tardi per rimediare e, rassegnata, si decise a fare quello che tutti si aspettavano da lei…cacciare la preda. Questa volta però esitò un attimo di più e proprio in quell’attimo successe qualcosa: “Ma quelle zanne non saranno mica vere?” chiese il dinosauro con aria incuriosita, “io posso vedere nei tuoi occhi la bontà del tuo animo e quelle zanne proprio non mi fanno paura. Se sono finte le puoi anche levare, io non lo dirò a nessuno”. Finalmente qualcuno aveva visto…aveva visto la vera Tigli. Con un gesto fulmineo Tigli si levò quelle fastidiose protuberanze e rispuntarono fuori i suoi piccoli dentini.
“Come ti chiami?” chiese Tigli, “Nosauli!”, rispose il giovane dinosauro. “Davvero posso giocare con te?”, chiese Tigli. “Certo”, rispose Nosauli, “con me e con tutti i miei amici”.
Da quel giorno Tigli e Nosauli divennero inseparabili. Tigli passava tutte le sue giornate insieme ai suoi nuovi amici dinosauri e ogni volta inventava una scusa diversa per non essere scoperta dai suoi fratelli. Però non era affatto contenta di dover raccontare tutte quelle bugie. E poi – pensava – infondo anche i suoi fratelli non avevano mai avuto degli amici, forse anche loro avrebbero voluto giocare invece che andare sempre a caccia a spaventare gli altri animali.
Così un giorno Tigli prese tutto il coraggio che aveva e raccontò ai suoi fratelli la verità: “A me non piace essere cattiva. Preferisco avere tanti amici e divertirmi tutto il giorno. Se volete, potete venire con me dai miei nuovi amici dinosauri. Sono sicura che piacerebbero tanto anche a voi”.
Bastò dire la verità e Tigli trovò altri quattro compagni di gioco..i suoi fratelli, e tutti impararono che dire la verità ed essere se stessi è l’unico modo per essere felici.